di  Eliana Di Caro
Il Sole 24 ore 12 febbraio 2012

Tre notai italiani nella task force voluta dall’amministrazione Obama per rivedere il sistema giuridico che ha contribuito al disastro dei subprime e alla conseguente ondata di pignoramenti, forse il colpo peggiore per la classe media americana: all’indomani dell’accordo con cui cinque colossi bancari si sono impegnati a pagare 26 miliardi di dollari per risanare la ferita creata dai mutui tossici, Sabrina Chibbaro, siciliana di 45 anni che esercita la professione a Milano, racconta qual è stato il suo apporto e quello dei colleghi Eliana Morandi e Ugo Bechini chiamati dall’American bar association, l’ente che raccoglie gli avvocati statunitensi.
Sotto l’esame dell’Aba, in particolare, è il problema della gestione digitale delle identità, perché proprio ai furti d’identità sono legati numerosissimi reati.
«Tutto è nato un paio di anni fa – dice la Chibbaro – quando l’avvocato di Chicago Thomas Smedinghoff ha coinvolto noi e professionisti di altri Paesi perché spiegassimo come funzionano i rispettivi sistemi.
Ciò che è successo in America ha mostrato i limiti in materia di sicurezza giuridica nei Paesi di common law, che non contemplano controlli preventivi né alcun tipo di garanzie. Non esistono registri immobiliari, il che contribuisce a creare incertezza sulla proprietà di un immobile o sulla sua libertà da precedenti ipoteche. Un vuoto che ha aperto la strada a finanziamenti rischiosi, alla perdita dei documenti, alla loro falsificazione, ai pignoramenti selvaggi. Quello che le banche pagheranno è solo un buffetto rispetto al buco che hanno creato».
Una considerazione amara, se peraltro si tiene conto che i principali responsabili dello sfacelo (e cioè le agenzie di rifinanziamento dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac), coscienti sin dal 2004 di quanto stava accadendo, sono stati salvati con i soldi pubblici dei contribuenti, le stesse vittime della bolla immobiliare.
Ma come si svolgono questi confronti globali su una questione così delicata e complessa? «In America si cerca la soluzione in strumenti tecnologici avanzati, nel tentativo di aumentare la sicurezza.
Ma il problema è a monte, nelle differenze tra il nostro sistema, basato sul controllo a priori della regolarità delle transazioni immobiliari, e il loro, che interviene solo ex post nel caso in cui sorgessero controversie. Il gruppo si riunisce due o tre volte all’anno, poi si raccolgono online pareri ed esperienze che dovranno confluire in un report da consegnare alla Casa Bianca entro l’estate.
A oggi mi sembra ci sia una certa confusione. Gli americani ascoltano le nostre soluzioni ma hanno difficoltà a incardinarle in un’architettura giuridica diversa.
L’alternativa sarebbe una nuova legislazione».
Tempistica e temi interessanti, a ridosso dell’appuntamento elettorale delle presidenziali in novembre. «Considerando il precedente della riforma sanitaria, dubito che si metta in atto un cambiamento significativo», osserva però la Chibbaro, riferendosi alle feroci polemiche suscitate da quel provvedimento.
E poi aggiunge un dato rilevante: «Alcuni stati americani si sono organizzati autonomamente. La Florida, per esempio, fortemente colpita dalla crisi immobiliare e dove sono moltissimi gli stranieri che comprano case, si è dotata del Civil Law Notary. Un organismo che ricalca in qualche modo il nostro, costituito da avvocati o ex magistrati che svolgono una funzione imparziale e preventiva nelle contrattazioni.
Non a caso, qualche anno fa, una nostra delegazione è stata chiamata dall’Università di Miami per dei corsi di formazione». Dove non arrivano i principi della civil law, insomma, arriva l’interesse privato e la necessità di tutelarsi da rischi probabili. Almeno in questo settore, l’Europa è un modello per gli States.
 
eliana.dicaro@ilsole24ore.com

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