Negli anni settanta erano i nipoti a prendersi cura dei nonni; al contrario, oggi il patrimonio è saldamente nelle mani dei cittadini più anziani e da questi prima o poi passerà ai più giovani, che faticano ad accumulare un proprio gruzzoletto. Almeno un’azienda su cinque passerà nelle mani degli eredi nei prossimi quindici anni: nessuna precedente generazione ha mai lasciato ai propri figli tanta ricchezza, quanto quella degli imprenditori che stanno per raggiungere l’età della pensione.L’onda che sta arrivando dovrebbe spingere molti tra loro a preparare la successione in azienda con un percorso di formazione ed accompagnamento delle nuove leve, per garantire continuità e nuove iniziative.

Non è così. Poche volte un imprenditore decide a cuor leggero di affrontare l’argomento del passaggio generazionale nell’azienda che ha creato e gestito attraverso tante peripezie: una scelta faticosa, spesso rinviata ad un momento più adatto che non arriva mai, ma che va fatta bilanciando da una parte la cura degli affetti e dall’altra il rischio di veder sprecato il frutto del proprio lavoro.

In genere, si comincia a parlare di donazioni partendo da questioni tributarie, quasi sempre sull’onda emotiva scatenata da qualche accenno sui giornali a nuove tasse. Spinti da questa pressione, allora, si decide di affrontare gli spinosi argomenti delle competenze dei figli, del riconoscimento per i sacrifici che qualcuno tra loro ha fatto da tempo nell’impresa e delle compensazioni da riservare a quelli che si occupano di altro. Come si può riuscire ad essere equi nella distribuzione e contemporaneamente sensibili alle aspettative ed ai bisogni di ciascuno? Meglio firmare oggi un accordo, potendo guardare negli occhi le reazioni dei familiari, oppure lasciare tutto com’è e far scoprire ai tristi eredi la soluzione prescelta solo al momento della lettura di un distaccato testamento?

In nessun contratto i sentimenti giocano tanta importanza, come nelle donazioni: paura di perdere troppo presto il bastone di comando, più o meno velate pressioni morali ed impliciti scambi di attenzioni e riconoscenza, desiderio di assicurare ai propri cari la libertà di una tranquilla indipendenza. Anche per questo il codice civile impone formalismi, notai e testimoni che possono sembrare antiquati ed indelicatamente impiccioni, ma evitano l’impulso e costringono alla riflessione chi sta per spogliarsi del proprio patrimonio senza apparente contropartita. Nella prassi professionale, le clausole di una donazione finiscono per disegnare una mappa dei rapporti familiari, con tanto di confini, ponti, dighe e rifugi sicuri.

Troppa prudenza però può costare cara, se porta a rinviare alle calende greche: chi non trova mai il tempo per decidersi rischia di lasciare improvvisamente i propri eredi di fronte a questioni che si abbattono come meteoriti sulla loro vita e possono paralizzare la vita dell’impresa di famiglia. Per evitare questi scenari e liti decennali nelle aule di Tribunale, la consapevolezza di quanto il tema sia delicato deve portare ad affrontare con serenità e preveggenza la pianificazione del passaggio generazionale.

La legge vuole favorire queste scelte anticipate, come dimostra l’eccezionale incentivo fornito dai patti di famiglia, caso unico di successione ereditaria “contrattualizzabile”. Molto prima, il codice civile ha messo a disposizione strumenti preziosi per ridimensionare le apprensioni di chi vive queste vicende, con un’accorta contrattualistica. E’ possibile decidere di donare ma nel contempo ridurre i rischi di sorprese da parte dei beneficiari, riservando per sé il diritto di decidere sulle questioni determinati e l’incasso degli utili dell’esercizio; nelle società di famiglia, si può adeguare lo statuto introducendo “diritti speciali” per il donante, che gli permettano di continuare ad essere presente nella vita dell’azienda anche dopo aver ceduto il proprio capitale. Si può adottare una condizione che escluda sgraditi conviventi e consorti di figli dai vantaggi della donazione. Il donante può conservare per sè una scorta di emergenza per i casi imprevisti della vita, riservandosi la facoltà di disporre di alcuni degli oggetti donati; nel contempo ciò può mettere al riparo il dono dall’aggressione di futuri creditori dei beneficiari. A chi riceve il regalo possono imporsi obblighi di assistenza personale e patrimoniale, che responsabilizzino e compensino i vantaggi ricevuti. I figli possono acquisire “pacchetti” di vari beni che si ripartiscono immediatamente, così da soddisfarli definitivamente ed escludere future contestazioni. Ogni scelta dovrà tenere conto dei diritti degli eredi legittimari e delle connesse pericolose azioni di riduzione e restituzione, che tanto preoccupano negli ultimi anni gli istituti bancari ed hanno generato soluzioni assicurative non sempre indispensabili.

Ciascun accorgimento permette di tener conto della sensibilità dell’imprenditore ed il catalogo delle soluzioni è così variegato che oggi la dottrina parla di “donazioni” e non di un atto standard; la varietà aumenta esponenzialmente, se si considerano le liberalità disposte in modo indiretto, come avviene quando un genitore sottoscriva aumenti asimmetrici di capitale, o provveda a pagare l’acquisto fatto dal figlio, o versi denaro proprio su conti cointestati, oppure si accontenti di un corrispettivo modestissimo a fronte della cessione di un bene all’azienda familiare, o faccia eseguire migliorie su beni del beneficiario, od ancora rimetta un credito che avrebbe potuto riscuotere dal futuro erede. Sono tutte circostanze nelle quali si realizza un arricchimento, ma non si impiegano le forme del contratto di donazione.

Le liberalità indirette possono generare imprevedibili complicazioni tra gli eredi ed anche antipatiche contestazioni degli Uffici fiscali, se non adeguatamente regolamentate e documentate. Lo stesso Fisco sembrerebbe però guardare con favore alla continuità aziendale e lascia trasmettere il patrimonio dell’impresa anche per ingenti valori senza gravarlo di tasse, quando sia garantita la prosecuzione dell’attività. Nell’imposta di donazione ed in quella di successione è previsto che i trasferimenti di aziende, di quote sociali e di azioni che consentano il controllo della società ai discendenti ed al coniuge non sono soggetti all’imposta, a condizione che l’esercizio dell’attività d’impresa prosegua per almeno cinque anni (articolo 3, comma 4ter DPR 346 del 1990). Un trattamento di assoluto favore, motivato dall’intenzione di consentire il ricambio generazionale, che si riflette in un approccio che guarda agli effetti concreti emergente dalle più recenti risposte ad interpello per scissione precedute da donazione di partecipazione ai figli, o per la cessione della nuda proprietà dell’azienda ricevuta in esenzione, o per l’acquisizione del controllo della società con più atti di donazione contestuali e congiunti.

La giusta combinazione delle molteplici articolazioni delle donazioni con questo regime fiscale particolarmente leggero può solleticare anche il più accorto “imprenditore/genitore”, avviando un percorso di affiancamento con serenità ed accortezza anche prima di aver del tutto saggiato le reali doti di leadership dei propri discendenti. Clausole condizionali  e diritti speciali possono servire da guide affidabili per costruire un robusto ponte verso il futuro e nel contempo per godere della vigente normativa fiscale. Un imprenditore saggio dovrebbe prepararsi per tempo alla staffetta con la generazione successiva e raggiungere con gradualità il momento in cui il testimone dell’azienda passerà nelle mani di chi avrà dimostrato di poterlo raccogliere con successo.

Alberto Forte Notaio in Vignola (riproduzione riservata)

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